Pochi giorni fa, su un autobus a Tor Bella Monaca, un gruppo di ragazzi giovanissimi ha aggredito violentemente degli stranieri. Mentre ancora rimbomba l’eco di una sparatoria in pieno giorno nel quartiere di Cinecittà-Don Bosco, in queste ore a Torre Maura tanti giovani, provenienti da diverse zone di Roma non solo periferiche, hanno dato corso a una forte manifestazione di intolleranza verso alcune famiglie rom appena trasferite lì, in un contesto di disagio reale e facilmente strumentalizzabile.
Queste fotografie di adolescenza e di gioventù violenta e un po’ allo sbando mi suscitano alcune riflessioni più generali su Roma: da madre di tre adolescenti, mi sono molto interrogata su questo tema in questi anni, sia nella dimensione privata che nell’impegno istituzionale. La nostra città, rispetto ad altre, offre davvero poco alle sue ragazze e ai suoi ragazzi, in termini di spazi dedicati, di opportunità per esprimere la propria personalità. Gioventù che peraltro dispone oggi di mezzi tecnologici e linguaggi inimmaginabili in un passato anche recente. Quasi si considera normale, qui a Roma, che i ragazzi passino il loro tempo insieme solamente per strada, mentre non è affatto così altrove.
Si sente la mancanza di un patto educativo vero tra le famiglie, la scuola, il mondo del lavoro, le amministrazioni per far sì che i valori positivi di comunità, solidarietà, cultura, bellezza entrino nel quotidiano, nell’ora per ora dei nostri ragazzi invece che rappresentare solo l’argomento di qualche sermone noioso. C’è un vuoto che generosamente, ogni giorno, tante realtà civiche e associative cercano di riempire ma che allo stesso tempo è il terreno più fecondo per chi vuole far attecchire sentimenti di rifiuto del diverso, di odio, di discriminazione.
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Roma: i giovani hanno bisogno di spazi dedicati

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